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sabato 27 dicembre 2014

ROSARI



Poesia ispirata alla foto di Adolfo Valente



Perché ogni silenzio è abbandono
è un non esserci, una fuga, un volo altrove.
Diventa rosario d’ore questa lunga attesa
che non porta il tuo odore, solo vento che allontana
mentre piange muto il cielo
e  non mi accorgo che cade la neve sui miei pensieri.
Mi dicono che torneranno le stagioni
e ci sarà sempre un sorriso ad asciugare una lacrima.
Mi dicono… e io decido di crederci
per non sciorinare più rosari di ore assenti.

sabato 6 dicembre 2014

NAUFRAGANDO DENTRO ME



Poesia ispirata alla foto di Luca De Nardo

http://www.lucadenardo.it


E’ stato lungo il tempo in cui
ci siamo toccati le parole in lontananza
mentre liquida scendeva la sera
sulle nostre vite vicine ma distanti.
Un rosario d’ore recitate nell’attesa
di un mai o di un per sempre.
E ora che sei qui
ho segni di  respiri su labbra
abbandonate alle nostre voglie.
Il morso del fiato avvinghiato
a lenzuola di vele lì,
dove le mani si infrangono su
scogli di pelle e impronte di maree.
Scrivi il tuo desiderio sulle mie forme,
assorbirà l’odore del peccato
e poi salvati
naufragando dentro di me.

lunedì 1 dicembre 2014

E' STATO IN QUELLA STANZA...



Poesia ispirata alla foto di Gino Quattrocchi




E’ stato in quella stanza
che la luce dei miei occhi
ha camminato dentro i tuoi.
In un luogo senza tempo
ad aspettare i nostri tempi.
Un manto vellutato alla finestra muta
che rimandava dalla piazza illuminata
drappeggi di foglie lungo i viali
e respiri di vita dentro l’anima.
E senza sfiorarmi il fiato hai adagiato un bacio,
poi,
su lenzuola stropicciate
sono approdate bocche socchiuse
e rivoli di emozioni.
E’ da quella stanza
che giorno dopo giorno mi vesto di te
e mano nella mano andiamo
a costruirci strade che ci conducano
ancora e ancora una volta a noi.

sabato 29 novembre 2014

LA SOLITUDINE MI PARLA


Poesia ispirata alla foto di Marco Barchesi

http://www.marcobarchesi.it


La solitudine mi parla nel rumore della notte,
la pioggia mi ricorda un errore che ha negli occhi
una valigia partita per un luogo che non è il mio.
E dietro quel treno si perdono le note dell’ultimo saluto.
Ci sono distanze che non si possono colmare
e allora,
allora giro le spalle a tutti i treni che arriveranno lì,
 dove approdano i viaggi sognati e realizzati
mentre io,
io torno ancora una volta
verso un’altra me.
Altri approdi
in isole di attese e panchine.

giovedì 20 novembre 2014

SIAMO UN NOI...



Poesia ispirata alla foto di Luca De Nardo



Conosci i miei viaggi,
i percorsi della mente,
le curve della fantasia e del corpo.
Mi accendi i sogni e l’odore della pelle
che bacia il tuo in fragranze mai inventate prima.
E non sei più tu,
e non sono più io,
siamo un noi che parliamo con la voce negli occhi
mentre beviamo pensieri disegnati
con ciglia bagnate di felicità.

giovedì 6 novembre 2014

DESIDERI CARNALI



Poesia ispirata alla foto di Luca De Nardo




Ora,
proprio ora ho acceso le luci nel cortile
perché il buio era affamato di me.
E’ stato il tempo a pettinarmi l’anima
mentre mi pensavo dentro un tuo sogno
in una notte in cui senza saperlo,
ancora una volta sarai dentro di me.
E d’improvviso un brivido,
le tue mani sulla mia pelle bianca…
come lo scirocco quando accarezza il mare
e i ricordi si fanno materia
tra le mani vuote e gli occhi appannati.


Poesia scritta a quattro mani con Alessandro Nero

lunedì 3 novembre 2014

PIOGGIA NELL'ANIMA


Foto di Adolfo Valente




Ho i ricordi che mi hai lasciato tu,
le promesse soffiate al vento,
le attese di chi non sarebbe più tornato.
Ho appeso le bugie al tuo profumo
ed il silenzio della tua presenza.
I sogni cadono uno ad uno,
come queste foglie d’autunno.
So che torneranno altre foglie,
nuovi sorrisi sul mio volto,
ma ora no,
ora ho voglia solo di pioggia nell’anima.

Poesia scritta a quattro mani con Alessandro Nero

mercoledì 8 ottobre 2014

MILLE VOLTE


Poesia ispirata alla foto di Jozef Kiss


Mi sono fermata a pensarti
in un attimo muto come foglio bianco
che mi guarda e non riflette mai emozioni.
Ti ho scritto mille volte con la mente
e so che mi hai letta dentro,
fino a risalirmi nell’anima e toccarmi il cuore.
So che sai ciò che non ho avuto modo di dirti,
sai che so ciò che non hai voluto più dirmi.
E’ strano questo scambio di nulla
che riempiamo di te e di me
ma senza un noi.
Ti avrei scritto domani, forse,
ma ora ho perso tutte le parole
in un addio.

mercoledì 17 settembre 2014

DIMENTICANZA


Poesia ispirata alla foto di Marco Maria D'Ottavi
 

In quale memoria
ricordi il mio ricordo?
Lo chiedevo ogni sera alla luna
prima che si nascondesse dietro le nuvole,
era quello il suo modo per dirmi
che i tuoi occhi avevano rifugiato i pensieri
nei bui di mille silenzi.
E non ti dissi mai che il colore del ritorno
si è sbiadito, che hanno spento le luci,
quelle che ci hanno reso ombre lontane.
E cade la pioggia su ogni dimenticanza.

lunedì 11 agosto 2014

IL TEMPO DELL'ATTESA


Poesia ispirata alla foto di Edyta Pękala  



Dalla finestra del mio sguardo
aspetto la tua attesa,
quel ritorno che è sempre tempo rimandato.
Ho di te il ricordo di una voce
che ora si confonde nel brusio della città che vive,
un assaggio di carezze che quasi non ricordo,
un pugno di sorrisi e di silenzi da ascoltare,
un letto vuoto che non so dormire.
Sono lunghe le attese del nulla
e rumorosi i passi che non sentirai.
La resa mi piove dagli occhi
e siedo teatri di cose perdute.


martedì 29 luglio 2014

PER SEMPRE DISTANTI


Poesia ispirata alla foto di Gianpiero Di Molfetta



Sono qui, nella luce del mio buio
a ricordarmi di te,
quando mi portavi nei tuoi pensieri
e in quella tenera bugia di averci accanto.
Sfiorandomi la pelle disegnavi nuovi viaggi,
altri sapori e mille baci ancora da inventare.
Respirandoci fingevamo di non saperci feriti
da quei domani lontani
che abbiamo riposto in vuoti di memoria.
E ora sono ancora qui, nel buio della mia luce
a guardarci per sempre distanti.



domenica 13 luglio 2014

TITOLI DI CODA


Immagine presa dal web


Gli sorrise, ma di un sorriso spento, arreso, rassegnato.
Agli angoli della bocca piccole rughe a solcare dolori passati e mai dimenticati.
Sorrideva fingendo una serenità che non aveva, una normalità che non le apparteneva, una vita come tante e proprio come tante, una non vita.
Si guardarono senza parlare. Erano passati circa vent’anni dal loro ultimo incontro, dalla fine della loro storia, da quella rottura che evidentemente ebbe, con il tempo, ripercussioni diverse per entrambi. Non si cercarono più, nessuno dei due volle sapere nulla dell’altro.
Curiosi i percorsi della mente e le scorciatoie che si pensa di prendere al solo ed unico scopo di difendersi. E sempre è una difesa da noi stessi.
E ora, che si trovarono l’uno di fronte all’altra, come rimediare a quel silenzio voluto e cercato? Come fingere, come recitare, come mentire senza mandare in tilt i grovigli dell’anima, senza far riemergere emozioni insabbiate e rinnegate? Come fare ora a stare lì e gestire quel terremoto interiore che in modo diverso, entrambi stavano provando?
Fu lui a rompere il silenzio:
- Ciao Alessandra, come stai?
Quella voce, la sua voce non l’aveva mai dimenticata. Emozioni in subbuglio e nessun appiglio a cui sorreggersi.
- Bene grazie e tu?
- Tutto bene anche per me.
- Ottimo.
Quante cose mai dette, parole che aleggiavano nell’aria e che forse neanche in quell’occasione sarebbero state pronunciate. E quanto male possono fare i ricordi quando un abbandono non è stato mai verbalizzato, spiegato, chiarito. Omicidi emozionali coperti con sabbia di codardia.
- E come mai da queste parti? – chiese lei con un filo di voce.
- Non so se hai saputo ma è morta mia madre e devo mettere a posto la cappella di famiglia. Ma tu vivi ancora qui?
Non sapeva, lui, non sapeva cosa avrebbe voluto sentirsi dire.
Non sapeva, lei, non sapeva cosa sarebbe stato meglio dire, perché ogni informazione poteva essere ancora una volta motivo di fuga, o di crollo, o esplosione di rabbia o forse peggio, ci poteva essere il tentativo di un riavvicinamento per lei impensabile.
Perché imparò presto a non dare mai più una seconda occasione a chi, in uno scontro fuoco, non ti finisce solo per sbaglio.
- No, io non vivo più qui da vent’anni ma come te ho la casa di famiglia. Non torno mai in questo luogo. Almeno tento di evitarlo.
- Ti sei sposata poi?
Era una domanda che la irritò, era forse una curiosità scontata ma come osava ora, chiederle se si era sposata? Dopo che lui, lui stesso, aveva fatto crollare tutto, come un castello di sabbia con un’onda di follia considerata da tutti incomprensibile.
Fuggì senza dire nulla il giorno prima del loro matrimonio.
Un trauma che forse non aveva mai superato, una rabbia che sentiva tornare a galla per quel gesto senza un’apparente ragione. Non un biglietto, non una telefonata, non una spiegazione tramite un amico.
Gli sorrise ancora, ma di un sorriso spento, arreso, rassegnato.
- No non mi sono sposata, poi. Sai dopo una delusione come quella che tu sai è difficile ritrovare fiducia negli altri. Hai una vaga idea di cosa sia successo? Della delusione, lo sgomento, il vestito da sposa che mi fissava dall’armadio, la cerimonia annullata, il ristorante da pagare e qui, in paese tutti a commiserarmi, come quella povera ragazza lasciata sull’altare… No, non è stato facile ma sai, poi mi sono ripresa.  Direi subito. Il giorno in cui ci dovevamo sposare avevo deciso che sarebbe stato il giorno in cui la mia vita sarebbe cambiata così, ho preso un treno per Milano, ho salutato mia madre e me ne sono andata. In cerca di una nuova vita, un lavoro, nuove conoscenze.
Doveva essere un giorno da ricordare nel bene o nel male e così fu.
A Milano ho subito conosciuto nuova gente, nuovi amici, ho trovato un lavoro all’inizio come commessa in una libreria. Poi ho conosciuto un uomo molto interessante e che mi amava davvero, di un amore sincero, incondizionato.
Sono rimasta subito incinta, ho un figlio che è tutta la mia vita.
Con quest’uomo abbiamo convissuto per circa 10 anni poi, come tutte le storie, qualcosa non va o meglio, qualcosa non va più. E così, civilmente, di comune accordo ci siamo lasciati pur rimanendo sempre in ottimi rapporti. In fondo è pur sempre il padre di mio figlio e si adorano. Bello vederli insieme a chiacchierare, raccontarsi, confidarsi.
Poi io ho fatto carriera, ora dirigo una casa editrice e sono molto appagata. Ho trovato un compagno con il quale convivo da tre anni, sempre a Milano.
Mauro ascoltò tutto e senza rendersene conto si rabbuiò.
Lei continuò:
- E tu invece, cosa fai nella vita? Ambizioso come eri sarai diventato un amministratore delegato di qualche multinazionale. Ti sei sposato immagino. Hai dei figli?
Lui la guardò senza ritrovare più la donna che aveva lasciato tanti anni prima.
Non sapeva da dove cominciare, quello che gli disse lo ferì.
- Si, io mi sono sposato. Fu quello il motivo della mia fuga, mi ero innamorato di un’altra donna o almeno così pensavo. Ma Ale, io…
- Ti dispiacerebbe non chiamarmi Ale, è un diminutivo che usavamo un tempo, dà il senso di un rapporto di complicità che non ha più motivo di esistere. Chiamami Alessandra.
Silenzio. Ancora silenzio. Lui era in tilt, la sua vita rispetto a quella di Alessandra,  sembrava un disastro e l’aveva sempre immaginata come un animale che si stava ancora leccando le ferite, invece aveva subito cambiato vita. Non era da lei ma forse aveva ragione, dopo certe delusioni, si reagisce come mai penseremmo di fare.
E, alla luce dei fatti, aveva preso la decisione migliore.
- Si Alessandra. Volevo dirti anche se ormai è troppo tardi…
- Decisamente troppo tardi, ma ti ascolto.
- Ecco si, io, volevo dirti che Marta, la donna di cui credevo di essere innamorato era incinta e fu questo il motivo per cui sono fuggito.
Alessandra sbiancò ma approfittò del vento che venne in suo soccorso, per voltare il viso e sistemarsi i capelli. Sentì che una lacrima stava travalicando gli argini ma subito la ricacciò indietro.
Tornò a fissarlo.
- Ah questo fu il motivo? Beh cosa ci può essere di più bello di un figlio? Quindi hai un figlio di circa vent’anni come il mio Luca.
Mauro la guardò perplessa.
- Hai chiamato tuo figlio Luca? Era il nome che avevamo scelto per il nostro primo figlio se fosse stato un maschio.
- Si, scelta azzardata visto l’odio che provavo per te ma era il mio nome preferito ricordi? E poi era il nome di mio nonno, uno dei motivi per cui lo scegliemmo quando ancora sognavamo una vita felice insieme.
- Già, si ricordo. Sai le cose non sono andate molto bene, mia moglie dopo sette anni si è gravemente ammalata ed è morta ma prima di questo, è stato necessario fare analisi su analisi. Persino mia figlia Annalisa, accusava sintomi strani a livello neurologico. Ho passato anni d’inferno e sai che ho scoperto?
Alessandra ascoltava con finta indifferenza.
- No cosa?
- Che Annalisa, che ora soffre di una grave malattia genetica, non era mia figlia. Marta mi mise in gabbia facendomelo credere. E ora io sono solo con una figlia (perché è ovvio che per me è mia figlia) da accudire e una vita che sto cercando di recuperare senza riuscirci.
Mauro disse tutto d’un fiato, si era tolto un peso, si sentiva forse più leggero, forse senza più speranze.
- Ti assicuro Alessandra che l’unica donna che ho amato sei tu e in tutto questo tempo ho pensato a quanto ti avevo fatto soffrire. Mi dispiace.
Alessandra non sapeva più come uscire da quella situazione. Troppe informazioni assolutamente mai immaginate, notizie che avrebbero potuto cambiare il corso delle cose. Perché, perché non dire tutto a suo tempo?
Mauro continuò.
- Non nego che ho sperato che tu fossi libera e ho fantasticato mille volte di rifarmi una vita con te. Solo averti accanto mi fa star bene. Ma ho sbagliato tutto vero? E’ troppo tardi vero? Ah e non sono un amministratore delegato di un’importante multinazionale, sono solo un dipendente di una banca.
Ho rinunciato anche alla mia ambizione, alla carriera. A quante cose ho rinunciato mio Dio!
Si fermò, mani nei capelli e lacrime a solcare il volto, senza vergogna, senza filtri.
La donna lo osservò.
- Si Mauro, ogni scelta comporta una rinuncia. Ora è troppo tardi per tutto.
Mi spiace che la tua vita non ti soddisfi e mi dispiace per tua figlia.
Ma qui chiudiamo questa conversazione.
Immagino che non ci vedremo mai più. Quindi questo è un addio. Cerca di stare bene e vedrai che forse qualcosa di positivo arriverà. Te lo auguro.
Poi Alessandra si voltò e lentamente si avviò verso casa.
Ogni passo una fitta al cuore.
Piangeva anche lei per tutte le menzogne che gli aveva raccontato.
Dopo di lui non ci fu mai nessun uomo e Luca era suo figlio. La lasciò ad un giorno dal matrimonio senza sapere che lei aspettava il suo vero figlio, un figlio che crebbe da sola, in una città sconosciuta, in una Milano fredda e grigia come lo era la sua anima.
Nessun uomo né prima né ora. Era sola e si sentiva sola. L’unica verità era il suo traguardo nel lavoro, davvero dirigeva una casa editrice. Fu necessario buttarsi sul lavoro per continuare a vivere.
Ora era troppo tardi.
Perché ci sono errori a cui non si può rimediare e ferite che non si possono lenire, ci sono vite distrutte che non si possono risanare.
Una fuga per non affrontare la realtà che si poteva forse affrontare, chissà. Ma forse doveva andare così.
Un solo sbaglio con due esistenze distrutte.
Come sa essere crudele a volte la realtà!
E ora, che scorrano i titoli di coda, si disse tra sé e sé, in questo film dai protagonisti assenti e una regia singhiozzante come fu la sua vita. Senza colonna sonora, solo silenzi e parole tardive…
E allora che scorrano i titoli di coda.

venerdì 4 luglio 2014

MASCHERE DI VITA


Poesia ispirata alla foto di Marco Barchesi


Ho indossato mille maschere nella vita,
ho recitato ruoli che altri avevano scritto per me,
luci ad illuminare il palcoscenico dell’anima
e poltrone rosse di velluto ad applaudirmi,
sole, vuote, fredde.
Musica di scena e copione srotolato con abile maestria,
un camerino in cui lo specchio riflette
un’altra me, trucco e cerone sulla pelle.
Filtri illusori o illusioni filtrate.
E ora, ora che questa maschera mi osserva,
ci parlo, la sfioro e guardo occhi vuoti.
Battute dimenticate, dalla platea di velluto rosso
il brusio del silenzio mi esorta a continuare.
Scivola la maschera dal volto,
mille pezzi di me sul palcoscenico di una vita recitata.
Chiudete quel sipario ora,
non voglio più maschere da indossare,
calpesterò quei cocci
e tornerò a me.

sabato 28 giugno 2014

TUTTE LE SERE IN CUI...


Poesia ispirata alla foto di Adolfo Valente


Le ho contate sai?
Tutte le sere in cui la notte
ha chiuso gli occhi al cielo
e accanto a me si è addormentata.
Perché non fosse ancora il buio il mio compagno
e un pensiero senza colore il sogno.
Le ho contate sai?
Tutte le sere in cui la notte
poggiava la luna sul mio cuore
e raccoglieva stelle per illuminarmi l’anima.
Asciugava una lacrima con il vento
e mi soffiava estate sull’inverno.
E le ha contate sai?
La notte ha contato tutte le sere
in cui ho aspettato invano il tuo arrivo
o forse il tuo ritorno.
Erano tempi di panchine innevate
e freddo sulla pelle,
erano tempi di neve ad ammantar la vita.

domenica 8 giugno 2014

TI CERCO ANCORA


Poesia ispirata alla foto di Simona Forte


Ti cerco a volte nel silenzio della vita,
quando senza saperlo mi piovi pensieri e sogni,
ti cerco a volte in luoghi mai abitati
che hanno di te l’odore che saprei.
Ti cerco a volte nei giorni mai accaduti
e bacio di te gli attimi che non ho incontrato,
in quel tempo in cui abitavamo altro tempo
e altri luoghi dentro.
Così ti cerco ancora nel silenzio della vita,
quando senza saperlo mi piovi pensieri e sogni.

sabato 17 maggio 2014

QUEL NOI CHE SAREMO


Poesia ispirata alla foto di Adolfo Valente



Respiro e ti respiro
tra lenzuola intrecciate a sogni
e un tuo brivido a rivestir la mia pelle.
Quando nel silenzio di un luogo senza tempo
ti mordo il fiato sul mattino appena sveglio
che mai si accorgerà di questo mare
mentre onda dopo onda bacia scogli
e ruba della sabbia l’odore di salsedine.
Così,  nel silenzio parlano le mani
lungo fianchi sfiniti dal profumo audace
di un noi che saremo.
Poi,
poi tace il mio corpo caldo
al tuo fuoco.