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giovedì 1 dicembre 2011

L'ETA' DELL'AMORE NON HA ETA'



Roma, 23 maggio 1973


Quando si diventa vecchi, come lo sono io ora, si passa il tempo a sfogliare a ritroso le pagine della propria vita e talvolta della vita altrui.
Tanti volti hanno incrociato il mio sguardo, tante vite sono diventate la mia vita, tante storie si sono intrecciate alla mia.
Ed ora che di tutti quei volti e di tutte quelle vite più nulla è rimasto, ora che passo il tempo a fare da compagnia alla mia solitudine, oserò raccontarvi una storia d’amore.
Un amore forte, disarmante, dirompente nato prima della guerra e alla guerra sopravvissuto.
Un sentimento che neppure la morte ha potuto fermare.
Ormai sono troppo vecchio per chiedere all’amore le sue ali e volare con esso.
Ma voglio tornare ad accarezzare brividi di emozioni leggendovi questa lettera......




Roma, 11 gennaio 1916

Mio adorato Antonio,
da mesi ormai volgo lo sguardo al passato, mi nutro di esso, mi disseto con il tuo ricordo.
Non mi serve altro per sopravvivere e non credo di poter più coltivare alcuna ambizione a vivere.
Ogni giorno scorrono davanti ai miei occhi senza più lacrime, le immagini nitide del nostro amore, di quella felicità che sembrava non potesse svanire.
Ogni notte ruotano le scene della nostra vita, nel mio buio esplode la luce dei tuoi occhi, quelle carezze che sento ancora sulle mie gote, quegli abbracci che mi facevano sentire protetta.
Ogni notte....
Pensavo che niente e nessuno potesse separarci, ancora ignoravo che l’eternità può durare pochi giorni.
E’ stata questa maledetta guerra a portarti via da me e da allora ti ho aspettato ogni giorno, ti ho pensato ogni istante.
Ero con te nelle trincee, sento ancora le esplosioni, gli spari, l’odore della morte.
La tua paura, la mia paura, la nostra speranza.
Si può assistere a scene mai vissute? Adesso so che si può.
Sono passati cinque mesi da quando Don Nino è venuto nella nostra casa per comunicarmi che il tuo nome figurava nella lista dei soldati caduti in guerra. Sono morta anch’io in quel preciso istante, ho smesso di vivere sull’eco di quelle parole che pulsavano rabbiose nella mia mente.
Dio!! Vorrei solo raggiungerti ovunque tu sia!
Perchè questa sofferenza mi sta logorando e non trovo pace nelle mie notti insonni.
Questa casa parla di te ed io parlo con te, sento il tuo odore e la tua presenza ovunque, mi siedo sulla tua poltrona ed ogni volta il cuore si ferma.
Adesso vorrei solo che tu entrassi da quella porta e che abbracciandomi mi riportassi alla vita.
Vorrei solo stringerti a me pensando che sei ancora vivo, che si è trattato di un errore o di un brutto sogno.
Svegliami da quest’incubo e abbracciami.
Ora, in questo preciso istante ti sto baciando.
Dimmi che riesci a sentire il sapore del mio bacio!
Dimmelo e in questo preciso istante rinascerò........

....... vi ho mentito, e per di più, ho l’abitudine di mentire a me stesso. So con certezza, che quando piove, sono le lacrime degli angeli che bussano alla mia finestra; ma io non so leggere, non più: sono cieco!
Vi ho letto questa lettera con gli occhi della memoria e con il ricordo della voce di Don Nino, che ogni volta, quando gli racconto della mia mancanza d’amore, mi legge le lettere di Marta e Antonio.
Io sono un ciarlatano, e nelle mie menzogne, nascondo tante verità; ho amato anch’io, ma alla mia età i ricordi hanno più rughe del mio volto...
Antonio, per Marta, era ormai disteso nelle tombe della guerra, ma la vera vittima è stata proprio lei; morta giorno dopo giorno, preghiera dopo preghiera lasciando sulla poltrona che lui più amava, una lettera, con piccoli frammenti del suo cuore...
Antonio continuò quella lettera ed io posso solo chiedere alla mia memoria le giuste parole e raccontarvela.......


Roma, 7 agosto 1918

.........Marta, mio delizioso cuore,
si, ho sentito il sapore dei tuoi baci, il calore delle tue labbra, il boato delle tue lacrime lasciate cadere sulle mie mani.... ma sono tornato troppo tardi.
Ero prigioniero di guerra, della stessa che la patria mi ha chiesto di combattere con il cuore; della stessa che mi ha fatto credere disperso.
Non ho mai potuto scriverti!
Ero rinchiuso in una prigione fatta di ghiaccio, avvolto da urla, tormento, fame, morte; ma il mio cuore era sempre caldo per te.
I tuoi occhi mi hanno mantenuto in vita, proprio quelli che bramavo di rivedere al mio ritorno: ma non ci sono più! Sono morti come il tuo corpo, come la mia anima, come quel gran respiro che chiamavamo vita!
Sono tornato oggi ed oggi ho voglia di morire anch’io!
La nostra casa mi parla di te: della mia assenza, della mancanza di un figlio...ma c’è solo odore di tristezza. Al mio ritorno, volevo coccolarti con quella sicurezza che deve un marito, con tante bugie sulla guerra: non volevo farti soffrire!
Di te mi restano solo immagini e il mio desiderio di averti con me; ora solo so che non amerò mai nessun’altra donna.
Mi chiedo: “ Perchè proprio io? “
Io in guerra ho peccato, ho ucciso delle persone; le ho viste morire, chiedere aiuto... piangere...
Sono un assassino!
“E’ la guerra!” Così mi rispondeva sempre il cappellano.
Ti ho perso perchè ho voluto salvare la mia vita; dovevo morire!
Ho chiesto a Don Nino quando eri morta!
Lui mi ha risposto: “In questo momento!”
E’ stata una risposta secca la sua; non l’ho compresa e so che la porterò sempre con me.
In questa stanza, avverto la tua presenza e so che un giorno risentirò il calore delle tue labbra sulle mie...ora sto piangendo con le tue lacrime!
Presto sarò da te.

... Adesso che vi ho raccontato questa storia, immergendomi totalmente in essa e vivendola con tutta l'intensità che un uomo può chiedere alla propria donna, vi chiederete: "Perchè raccontarla proprio a noi?"
Giusto! Forse non dovevo farlo?
Oggi è il 23 maggio del 1973, sono seduto sulla mia vecchia poltrona e l’unica donna, dopo la morte della mia seconda moglie, che mi è restata vicina è Marta: lei è mia figlia!
Ebbene si, mi sono risposato, ho ricercato i suoi occhi negli occhi di un’altra donna ed ho dato il suo nome alla mia unica figlia.
Sono troppo vecchio perché menta e alla mia età non si ha neanche il coraggio di farlo.
Avevo promesso nella mia lettera, che avrei fatto il salto, che avrei raggiunto le sue labbra... ho scelto di vivere; sono un uomo con tutta la sua codardia!
Ho pianto con i miei occhi le sue lacrime, ma non sono riuscito a raggiungere le sue labbra...
Non so perchè, ma avrei dovuto farlo! Sono un vigliacco e per questo – credo fermamente nella giustizia divina – dopo qualche mese ho perso l’uso della vista.
Forse la vera morale di queste lettere sta nelle promesse fatte e in  tutto quello che ci si aspetta dall’amore! Talvolta io credo nella casualità e nella vita: forse io dovevo continuare a vivere!
Posso solo chiudere dicendovi che l’età dell’amore non ha età!

Scritto da Stefania Lastoria e Raffaele Innamorato

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