“Quando l’ultima foglia d’autunno si poserà su di te, lui tornerà…”
Me lo disse un uomo che diceva di leggere negli occhi della gente il loro destino, me lo disse senza che io glielo chiedessi e lo fece avvicinandosi a me per sussurrarmi quelle parole. Poi, con un sorriso che mai avrei dimenticato si dileguò tra la gente. Era una fredda serata invernale, una festa a casa di amici. Trascinata lì quasi a forza per dimenticare, per distrarmi, mi ritrovai ad osservare conoscenti e sconosciuti che mi passavano accanto, la musica in sottofondo che quasi non sentivo, i volti degli altri che quasi non vedevo.
Presenze nebulose mi vorticavano attorno mentre io, nuvola di un cielo plumbeo, trattenevo a fatica la mia pioggia di lacrime.
Poi quell’uomo mai visto e quella frase che continuò a danzare nella mia mente per sempre.
Non poteva sapere nulla di me né di lui, della sua uscita di scena quasi in punta di piedi, con una marea di perché e nessuna risposta. Ma erano i suoi perché e non avevano a che fare con il nostro “noi”.
Era la sua identità ad essere in crisi.
“Lasciami solo il tempo per ritrovarmi, non ti chiedo altro”.
Lo lasciò scritto su un biglietto prima di fuggire via.
Ma non era poco quello che chiedeva: il tempo per ritrovarsi può essere troppo lungo per giustificare qualsiasi attesa e nell’attesa si sopravvive “sospesi” .
Non avevo mai pensato ad un suo ritorno, solo una velata speranza che si era ormai affievolita con il tempo. Ed il tempo passò……
Il gelo dell’inverno cominciò ad attenuarsi e a poco a poco anche i miei brividi interiori. Nelle giornate di pioggia mi piaceva scendere per strada e lasciare che le gocce si sciogliessero insieme alle mie lacrime…. L’aspettavo quasi quella pioggia complice della mia fragilità.
A poco a poco la vita riprese, quasi come se nulla fosse successo. Il primo sole primaverile mi riportò la voglia di chiudermi quella porta alle spalle e di ricominciare.
Con l’arrivo dell’estate il sole sembrava aver sciolto definitivamente quel gelo iniziale, le risate presero il posto dei sorrisi, gli amici e gli svaghi divennero una costante delle mie serate.
Sembrava che tutto fosse tornato alla normalità, forse apparivo addirittura felice ma avevo solo trovato un compromesso con me stessa, un equilibrio per riappropriarmi di me.
Un giorno d’autunno, attraversando la città, mi ritrovai senza volerlo in un parco deserto.
Una panchina solitaria sembrava aspettarmi ed io mi sedetti a contemplare una pioggia di foglie variopinte che cadevano copiose.
Sospinte dal forte vento sembravano fluttuare nell’aria in una danza sensuale e suggestiva.
Le vedevo ondeggiare davanti ai miei occhi, oscillare deliziosamente in un gioco altalenante di direzioni contrapposte fino a che non si posavano esauste a terra sul soffice manto colorato.
Mi divertivo a sceglierne una tra tutte per seguirne il percorso senza meta, quel non sapere dove si sarebbe posata mi affascinava.
Poi il vento si placò come per magia e la pioggia di foglie si fece più lenta fino a cessare del tutto.
Ero talmente presa da quello spettacolo meraviglioso che quasi non mi resi conto della danza di un’ultima foglia che si arrese sulle mie gambe.
Un brivido mi travolse. Il cuore smise di battere e subito riascoltai quella voce che avevo chiuso in un cassetto della mia memoria tornare a sussurrarmi:
“Quando l’ultima foglia d’autunno si poserà su di te, lui tornerà…”
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