Quel giorno, il lago mi portò il profumo lontano di un’emozione.
Era richiamo e attesa di ciò che ancora non conoscevo, era invito e
carezza, era un brivido da sfiorare.
Fu un attimo alzarmi e seguire quella fragranza, ovunque mi avrebbe
condotto sarei approdata a me… eppure sentivo che poteva essere un atterraggio
verso un noi.
Mi incamminai senza sapere dove, portavo già dentro il tempo del mio
restare con te, era il tempo dei sapori e delle fughe dai pensieri di non
averci ancora accanto ma già vicini senza saperlo.
Avevo occhi di passaggio, ero una viaggiatrice del tempo, una turista
per caso in luoghi che sentivo già miei.
Erano occhi pieni di memoria e nuovi di mete mai viste.
Fu sulla piazza del paese che mi fermai, lì quella fragranza si fece
più forte, prepotente, ammaliante, conturbante, avvolgente.
Mi guardai intorno, c’era un mercatino.
Avrei potuto passare oltre ma qualcuno mi chiamò, senza voce mi
esortava ad avvicinarmi a lui.
Vidi oggetti, amore espresso in creatività, ho respirato stupore e
toccato ogni opera d’arte, ho comprato qualcosa per me, ho regalato qualcosa
per altri e ad ogni oggetto che prendevo in mano mi arrivava un voce pronta a
darmi una piccola spiegazione sul modo in cui era stato realizzato quel pezzo,
sul posto in cui era stato recuperato quel materiale ormai di altri tempi ma
che per sempre avrebbe fatto parte della nostra memoria.
La gente arrivava copiosa, spingeva ma io quasi non me ne accorsi.
Fu allora che ti guardai negli occhi, fu allora che mi persi in
dettagli e descrizioni, poi ho smarrito il contenuto delle parole e mi sono
concentrata sul suono della voce, sulla cadenza, sulla comunicazione delle
mani, di quegli occhi “vivi”.
Da tempo non mi capitava di sfiorare la vera voglia di vivere dentro la
gente.
Era energia che percepivo, che sentivo, che mi arrivava.
Era sole sul lago.
Poche parole, sapevo che mi stavi leggendo nei cassetti smessi del
tempo, che stavi slacciando i nastri del mio cuore, i lacci della mia anima.
Fu un solo istante andare via dopo un furtivo saluto, eppure rimanere
lì per sempre.
Un solo biglietto, un contatto che elargivi a tutti come futuribile
venditore di oggetti intarsiati di storie e racconti e vita e emozioni e
brividi.
Artigiano di rara sensibilità, osservatore attento e discreto.
Qualcuno lo buttò quel contatto al primo cestino disponibile. La gente
finge e spesso lo sa fare benissimo, dipinge sorrisi sulla tristezza e colora
di interesse il nulla.
Maschere abilmente composte, nascondini dell’anima e di cuori in
disuso.
Io invece decisi di custodirlo con cura quel contatto per non lasciare
quel filo d’aquilone che mi aveva portato a colorare il cielo in un secondo.
E il tempo passò con la sua quotidianità, il vento sfogliò le pagine di
un libro che avrei scritto ma che ancora non c’era se non nella mia mente, come
te e il tuo sorriso che rubai. Ladra di emozioni.
Poi la parola ci ha riuniti senza sguardi, è stata voce a cancellare
quel tempo, pensieri e frasi a disegnare di noi l’immagine che avevamo e che
era quel noi riflesso allo specchio di un solo grande viaggio.
Un viaggio da fare insieme, mano nella mano, per le strade del mondo,
sui marciapiedi della vita, al tavolo di un bar, tra una lacrima e un bacio, su
un tram vuoto preso al volo, alle prime luci dell’alba mentre va solitario ma
non solo tra il nord e il sud di questo paese, a macinare distanze mentre le
città diventano una sola, dietro l’ennesima curva di un perenne giro di favole
nuove.
E ancora adesso ti parlo di me con le tue labbra mentre mi baci i
pensieri che sanno di te, immagini che scorrono via come in un film.
Vivimi come tu solo sai fare e poi amami restando dentro un mio
sguardo, dentro un sogno, scartalo con cura e veemenza e poi ancora una volta
vivilo… come farei io, come faresti tu, come faremmo noi.